Per orientarsi nelle difficoltà legate all’essere donna oggi può essere utile ascoltare una conferenza, leggere un articolo, vedere un film, partecipare a un dibattito.
Intervista a Lilia Mahjoub, membro del Comitato Scientifico di Alia, sulla terapia della depressione.
Cosa ne pensa della campagna di prevenzione sulla depressione? Quello che ne penso nell’immediato è che gli psicoanalisti non figurano trai primi interlocutori possibili per ricevere le persone che soffrono di depressione. Trovo molto strano sia suggerita prima la consultazione con il medico generico e solo successivamente con gli psichiatri e gli psicologi. C’è un partito preso per la medicalizzazione. Anche se in seguito il trattamento proposto è la psicoterapia, all’inizio purtroppo sono proposti soprattutto gli antidepressivi.
Quali problemi può portare questa campagna? Trovo che la difficoltà in questo tipo di campagna sia, in primis, che le persone che vi incappano possano sentirsi tutte depresse e precipitarsi da un medico generico. La depressione diventa così una specie d’identità per tutti senza distinguere che ci sono depressioni nevrotiche, trattabili senza farmaci con il ricorso alla psicoanalisi e alla psicoterapia e poi ci sono depressioni gravi, con strutture psicotiche e in questi casi sì che non si può assolutamente escludere il ricorso al farmaco. Ogni volta si tratta di fare una diagnosi differenziale e non sono affatto sicura che, malgrado tutta l’esperienza ed il sapere che accumulano nella loro pratica, i medici generici siano i più preparati per fare questo tipo di diagnosi. Quello che constato tutti i giorni è che le persone che ricorrono alla medicina generale si trovano tutte prescritti degli antidepressivi quando in realtà sono persone diverse l’una dall’altra e diverse sono le loro depressioni.
L’assunzione del farmaco può trattare la depressione? La conseguenza dell’assunzione di un farmaco è che dove potrebbe sorgere una domanda e avviarsi una elaborazione che permetta al paziente di assumersi la responsabilità verso ciò che lamenta, lo si deresponsabilizza; si cortocircuita la sua responsabilità con una medicina, un farmaco che è una droga. Se si taglia fuori la depressione il paziente non potrà più rivolgersi a qualcuno per parlare e ritrovare in se stesso ciò che ha perduto. Un farmaco può produrre un miglioramento, ma l’origine, la fonte della depressione è tagliata fuori, cancellata, quando invece in realtà può essere una possibilità di trasformazione, di cambiamento, una soglia di oltrepassamento per il soggetto che soffre. Con il farmaco, invece, la si elimina e per alcuni pazienti l’eliminazione della depressione può rappresentare anche qualcosa di molto grave e pericoloso.
Si fa della depressione una malattia senza sapere di cosa si tratti. Si è diventati grandi consumatori di psicotropi, di psicofarmaci, ma non penso che le cose umane possano essere risolte così, nemmeno le difficoltà della sicurezza sociale.
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