Per orientarsi nelle difficoltà legate all’essere donna oggi può essere utile ascoltare una conferenza, leggere un articolo, vedere un film, partecipare a un dibattito.
Trovare i fili che costituiscono la trama delle impasses e delle sofferenze che caratterizzano l’universo donne è un affare intricato. Per iniziare bisogna sempre “trovare il bandolo della matassa”. L’espressione “trovare il bandolo” per vederci più chiaro in una faccenda ingarbugliata è uno spunto efficace per cogliere come l’essere e il vivere al femminile possano rappresentare un intreccio inestricabile. Come dipanarlo?
Si tratta in primis di cogliere quali siano i fili di cui è intessuta la femminilità e poi secondo quali logiche questi finiscano per ingarbugliarsi.
Il primo filo è il corpo avviluppato dall’immagine estetica che lo rappresenta. Un corpo-immagine che si lascia modellare e maneggiare dai canoni estetici che ne decretano la forma e che dicono come indossarlo. Le donne vi si adeguano. Si lasciano convincere perché sono mosse da un anelito: essere raggiunte, essere individuate dal desiderio dell’altro che le faccia sentire scelte e dunque detentrici di un valore. Che le faccia sentire uniche tra le altre donne.
Il filo del corpo-immagine introduce ad una economia libidica prettamente femminile il narcisismo del desiderio. Cioè sentire di valere come effetto dell’essere desiderate.
Può nascere da questo filo una forma particolare di malessere che abita le donne, una certa oscillazione melanconica, più o meno palpabile, più o meno invadente. Che può arrivare fino all’estremo dell’angoscia e della perdita di senso quando all’orizzonte non si palesa nessuna promessa di desiderio, nessuna parola d’amore che faccia vibrare il proprio essere.
Una donna può sentirsi lasciata cadere quando il segno della presenza dell’altro non si indirizza a lei. Perché?
E’ necessario tirare un secondo filo e addentrarci al cuore della matassa. L’universo donna si genera solo attraverso un lento e difficile lavoro di distacco e di uscita da un originario intenso attaccamento: quello tra la bambina e la madre. Un legame esclusivo dotato di una forza centripeta straordinariamente tenace.
Essere il tesoro della mamma, sentirsi da lei accolta, voluta, amata ha sulla bambina l’effetto di farla sentire consistente, ancorata ad un luogo. E’ per questo che ella si rivolge alla madre per decifrarne le parole, gli sguardi, gli umori pur di afferrare tutti quegli indizi che le restituiscano l’impressione di essere sulla giusta via di un riconoscimento d’amore.
Le radici del malessere femminile prendono le mosse proprio dai pericoli incontrati nell’avventurarsi lungo questo cammino. Quanto più la bambina avrà percepito le condizioni dell’amore materno come ferree tanto più le appariranno come superfici scivolose, inefficaci a offrire un solido appiglio. La disperata ricerca di ritrovarsi accolta dentro l’Altro materno porta con se’ il rischio di ritrovarsi smarrita al cospetto di quella che per una donna è la Madre delle Paure: perdere l’amore.
In ogni matassa femminile è pulsante questo nodo di angoscia e smarrimento. Tanto più esso sarà rimasto contratto, tanto più rilascerà, nel tempo, effetti devastanti che riguarderanno tutti gli aspetti della vita di una donna: il rapporto con il corpo e la sua immagine, la percezione del proprio valore, il sentirsi animate da un desiderio vitale, poter incontrare un partner e poter sostenere una domanda d’amore al di là della paura di sentirsi perduta.
Di questi e degli altri fili della matassa abbiamo parlato nella conferenza del 12 ottobre.
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